Scrivono per noi

Davide Fregonese e il Barolo

DALLA FINANZA ALLE LANGHE

Per fare il vino, e farlo bene, ci vuole passione.
Quest’antica arte, al limite della sacralità, richiede investimenti ingenti sotto ogni punto di vista. Affinché un vigneto entri in produzione, ad esempio, ci vogliono anni e prima di allora bisogna identificare e acquistare il terreno ideale, quindi curare l’impianto e la crescita delle barbatelle senza che da questa attività si abbia un ritorno economico. Dopodiché bisogna stare in vigna ogni giorno, fisicamente, curare le viti, anticipare gli eventi atmosferici e tutto quello sterminato elenco di problematiche che possono insorgere nel tempo. Il tempo, proprio questo è ciò che in primo luogo esige la coltivazione della vite. Tempo e, ovviamente, denaro. Se non si è motivati dalla passione, difficilmente si deciderà di investire le proprie risorse in un’attività tanto faticosa e dispendiosa.

 

RITORNO ALLE RADICI

Eppure in tanti scelgono ancora oggi di crederci, di tornare alla terra per soddisfare quel richiamo ancestrale insito nel profondo. È il caso di Davide Fregonese, strappato al mondo della finanza senza alcun tipo di esperienza pregressa nel mondo del vino, senza apparente motivo. Se non, come si diceva, per quei felici ricordi d’infanzia che lo vedevano trascorrere le estati in Puglia, nella tenuta di famiglia, dove un po’ di vino si produceva per il consumo personale.

Trascorsi diversi anni e stappate numerose bottiglie, a dimostrazione di una passione mai del tutto sopita, nel cuore delle Langhe nasce l’azienda agricola Bugia Nen. Occorrono più di dieci anni perché Davide Fregonese riesca ad accaparrarsi un fazzoletto di terra in quella zona tanto ambita della denominazione che è Serralunga d’Alba. Ma volere è potere e, alla fine, l’occasione arriva e si traduce nell’acquisto di 0,75 ettari di Cerretta e, sei mesi più tardi, con l’acquisizione di un altro mezzo ettaro a Prapò.

Fare il vino è cosa seria, dunque le pratiche agronomiche ed enologiche sono affidate a qualcuno che lo fa per mestiere e sa farlo bene per davvero: Davide Rosso, dell’azienda Giovanni Rosso. Sono così gettate le basi per quella piccola produzione di Barolo che vede la luce nel 2014, con appena 4000 bottiglie suddivise tra i due vigneti. Oggi le bottiglie prodotte sono 7000, alle quali si aggiungono circa altre 1000 bottiglie di Langhe Nebbiolo Doc. Allo storico avamposto piemontese si è aggiunto un altro progetto, quello di fare “barolismo” sull’Etna. Proprio quest’anno, in contrada Montedolce, a Solicchiata, verrà inaugurata la cantina di proprietà, a coronamento del sogno trinacrio che fino ad ora ha visto la produzione di sole due annate di Etna Rosso Doc Riserva, la 2016 e la 2017.

 

LA DEGUSTAZIONE

BAROLO DOCG CERRETTA 2017

Un terreno di appena 0,75 ettari quello sul quale si produce questo Barolo, esposto a Sud-Ovest ad un’altitudine compresa tra 250 e 350 m. Le viti impiantate tra il 1984 e il 2000 affondano le proprie radici in un suolo dominato dalla componente calcareo-argillosa, facendo così di finezza ed eleganza il timbro di riconoscimento del vino ivi prodotto. L’uva è vendemmiata a metà ottobre, quindi il mosto fermenta per 25 giorni in vasche di cemento, venendo sottoposto a rimontaggi quotidiani e délestage a metà periodo. L’affinamento si svolge in botti di rovere francese da 15 ettolitri, per un periodo che va dai 18 ai 30 mesi in funzione dell’annata.

Il risultato è un Barolo sottile, dotato di grande grazia e immediata comprensibilità. Al naso spicca la componente floreale, con la violetta in bella mostra. Segue una ciliegia ancora croccante e succosa, che sul finale lascia presagire sentori più complessi, di sottobosco e liquirizia leggermente accennata. Un vino che si distende sul palato con fare suadente, con tannini mai invadenti che cedono il passo a una freschezza piacevolmente dissetante. Il sorso invita a riportare il calice alle labbra più e più volte, mai del tutto sazie di questo nettare dal fascino spiccato. 92/100.

BAROLO DOCG PRAPÒ 2017

Il Barolo Prapò nasce da un vigneto impiantato nel 2000 su mezzo ettaro di terreno, prevalentemente calcareo, con una bella esposizione a Sud-Est e un’altitudine compresa tra i 270 e i 380 m. Sebbene il processo di vinificazione ricalchi quello utilizzato per il Ceretta, con giusto qualche giorno di fermentazione in più, il vino prodotto è significativamente diverso.

Si tratta di uno di quei Baroli austeri, di grande potenza, complessità e incredibile lunghezza che, tuttavia, hanno bisogno di tempo per aprirsi e mostrare tutto il loro potenziale. Praticamente un bambino il 2017, anche se il suo assaggio lascia presagire un futuro radioso. Una volta dischiusosi nel calice a prevalere è la componente fruttata, con piccoli frutti neri, come more e mirtilli. Seguono sensazioni speziate di chiodi di garofano e incenso e un lontano rimando di violetta. Al palato emerge una bella sapidità, accompagnata da una tannicità ben presente ma tutto sommato gentile. Buona freschezza, grande persistenza. 90/100.