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Il vino è oro

Saper presagire la longevità del vino nell'ottica di un suo incremento di valore è una scommessa affatto fine a se stessa, considerato il profitto che essa genera nel mercato e, soprattutto, nel mercato dei vini da collezione: un comparto che non ha mai subito crolli e che ha generato profitti del 10% l'anno, secondo una percentuale media destinata a oscillare di poco sotto ma a moltiplicarsi fino a sei volte tanto per le etichette più prestigiose. Perché il vino è il secondo passion asset - ovvero un bene che la gente colleziona, che dà soddisfazione ma si può anche consumare - più performante dopo l’arte, e collezionarlo e custodirlo in attesa che esso raggiunga la sua acme, ovvero il suo massimo potenziale, è un esercizio che può dare grandi soddisfazioni non solo da un punto di vista edonistico ma, chiaramente, anche economico. Se nel 2018 il valore di mercato dei vini da collezione era stimato a 5,1 miliardi di dollari, si prevedeva una crescita del 54% entro il 2024. Questo, chiaramente, pre-pandemia, eppure non c'è ragione di credere che questo mercato abbia subito contrazioni, anzi, quel che è emerso è infatti che il vino sia molto poco correlato alla volatilità dei mercati finanziari e, attenzione, proprio per questo motivo emerge che non si tratta di un bene speculativo a breve termine. Ciò lo rende un bene rifugio importante specialmente in tempi di crisi come questi, purché, ovviamente, si sappia selezionarlo: infatti, non tutto il vino prodotto si presta a diventare un vino da collezione. Al contrario, solo l'1% del vino globale avrebbe le caratteristiche adeguate per diventare tale e accedere così a un empireo che ha registrato un incremento del 198% del proprio valore dal 2005 a oggi. Così, è capitato che il vino - tra le altre cose ch'esso rappresenta per l'appassionato - nella benedizione di annate straordinarie (pensiamo, anche a diverse latitudini, alla 1996) e presso l'interpretazione di alcuni giganti (in Italia, un nome per tutti, Giacomo Conterno, Monfortino) sia diventato un bene rifugio e, di conseguenza, una frontiera assai appetibile anche per gli investitori, desiderosi di diversificare il proprio portfolio. Il più grande mercato di investimento, in questo senso, resta quello americano, che domina il panorama da circa 30 anni, con Cina e Russia alle calcagna, specialmente per i grandi vini francesi: la Francia, infatti, continua a essere leader della produzione dei vini da investimento, con Borgogna e Bordeaux in testa, seguita da Piemonte, Toscana in Italia e da Napa Valley, in California.